Il Faro di Vieste è attivo dal 1868 ed è ubicato sullo Scoglio di Santa Eufemia, antico porto insulare che con la punta Punta di S. Croce e quella di S. Francesco chiude parzialmente la baia di Marina Piccola.
Alla sommità della torre è posta la lanterna elettrica ad ottica rotante che, nell’arco di 15 secondi, emette 3 lampi bianchi alternati da rispettivo periodo buio (eclisse). Il fascio luminoso è proiettato dagli specchi ottici per 36 miglia marine (66,672 Km). Un potente radiofaro affianca ed integra il segnalamento marittimo. La sua posizione risulta strategica per le rotte dì navigazione tra il Medio e Basso Adriatico.
UNA GROTTA SACRA A VENERE
Il 12 maggio 1987 un gruppo di studiosi dell’Università di Lecce, visitò la grotta posta sull’isola di S. Eufemia, sede del faro di Vieste e il prof. C. Pagliara riuscì a leggere, incise sulla roccia, le dediche di due o tre tabulae ansate che in precedenza nessuno aveva visto, ricavandone immediatamente il dato di grande interesse.
Nel convegno internazionale organizzato dal centro di Cultura “N. Cimaglia” e dalla Università di Lecce, si parlò di 200 iscrizioni greche, romane, bizantine, latino-medievali e moderne, incise attraverso i secoli e che coprono le pareti della grotta.
Frequentato sin dalla preistoria, in età classica, lo Scoglio di Santa Eufemia è sede di un santuario dedicato a Venere Sosandra “Venere Salvatrice si uomini” e, nel tardoantico, il suo settore ipogeo viene trasformato in luogo di culto cristiano.
Le più antiche iscrizioni , risalenti al III sec. a.C. sono quasi tutte invocazioni di gente di mare a Venere, un culto di cui si fa un solo altro esempio sull’Acropoli di Atene. E sono queste dedicazioni alla Venere Sosandra che permettono di localizzare finalmente la mitica città di Uria, di cui s’incomincia ad avere notizie dal IV sec. a.C. e che è stata attiva fino al VI-VII sec. d.C.; Catullo, il più fino poeta d’amore mai esistito, la ricorda in un suo carme proprio come una delle sedi del culto della dea. E’ interessante notare come le iscrizioni di Vieste dirimano un’annosa disputa tra studiosi di storia antica: essere “Sosandra” il nome di una dea o attributo della Dea Venere.
Le pareti interne degli ipogei, inoltre sono incise da simboli sacri e marinari e da iscrizioni votive e celebrative. Tra queste, nel catino absidale dell’ipogeo maggiore campeggia l’iscrizione del doge dei Veneti e dei Dalmati Pietro Orseolo II. Questo raro documento epigrafico altomedievale, risalente al 1002, attesta le soste di andata e dì ritorno nel porto di Vieste della flotta dogale e della vittoria riportata a Bari sui Saraceni.