Torri costiere di avvistamento nel Gargano

Le continue scorrerie piratesche e gli attacchi delia flotta ottomana  che funestarono le coste del regno di Napoli, dagli ultimi decenni del secolo XV sino al Trattato di Tripoli del 1785, resero necessaria la realizzazione a Vieste e lungo la costa del Gargano di un complesso sistema di torri costiere di avvistamento e difesa, un ostacolo alle minacce e agli assalti dai mare. Lungo la Puglia vi erano centocinquanta torri, prevalentemente concentrate nel tratto tra Barletta e Monopoli, Otranto e Leuca, e intorno al promontorio del Gargano.

Torre San Felice
Torre San Felice una delle tante torri costiere di avvistamento nel Gargano

Da Margherita di Savoia in direzione del Gargano  si incontrano diverse torri costiere di avvistamento.

In zona pianeggiante:  Torre Pietra e a Zapponeta, Torre Rivoli; verso  Vieste troviamo Torre S. Felice,  i ruderi di Torre Gattarella  e dopo poco Torre Portonuovo.

Nel tratto di costa  tra Vieste e Peschici vi sono Torre Porticello , Torre Sfinale, Torre Gusmai , Torre Calalonga .  Sempre sulla costa tra Peschici e Rodi Garganico individuiamo  due torri: Torre Monte Pucci  e Torre San Menaio.  A Varano troviamo due torri a base circolare, le uniche nel Gargano: Torre Varano Grande e Torre Varano Piccola.  Le ultime due sono Torre Calarossa e Torre Mileto.

Torri costiere di avvistamento nel Gargano: torre Mileto
Torre Mileto

Quindi il  servizio di avvistamento e difesa a Vieste  era assicurato  da otto torri, la cui costruzione  iniziò per ordine del viceré  Don Pedro di Toledo nel 1568.  Nel 1594 alcune erano ancora incomplete. Esse erano posizionate lungo la costa in modo da guardarsi a vista. L’allarme era dato sparando con pezzi di piccolo calibro come il “masco per dar l’avviso“. Erano presidiate da un piccolo distaccamento al comando di un caporale spagnolo.

Già nel 1777 cinque di esse erano distrutte e tre erano in custodia del Corpo degli Invalidi.  Nel 1842 esse furono adibite a Posto Doganale.

Un po’ di Storia

Nell’immaginario collettivo – scrive Mario Spedicato – si viene, con il tempo, a radicare la convinzione che tutte le scorrerie marittime, con i saccheggi, le distruzioni e le morti che conseguono, sono da mettere in relazione alla lotta del mondo cristiano contro gli infedeli, questi ultimi identificati con l’impero ottomano

Nel Mediterraneo la pirateria è vecchia quanto la storia.  Nel XVI e XVII secolo si assistette a una recrudescenza del fenomeno dovuto al ruolo egemone assunto dall’impero ottomano, che usò la pirateria come una forma di pressione per colpire gli interessi dei Paesi cristiani e di Venezia in particolare.

Molti toponimi presenti lungo la costa (Scalo dei Saraceni, Monte Saraceno, Grotta dei Saraceni) ci fanno comprendere la frequenza e l’incidenza nella storia dei paesi costieri di queste azioni. Ai Turchi sì affiancano spesso piccole formazioni che provengono dall’Africa, ma anche dalla Sicilia e dalla Calabria,  guidate da capitani maltesi, fiorentini, genovesi, persino inglesi.